L’uso di prodotti naturali nel trattamento della artrosi
La scelta di trattare l’artrosi con preparazioni naturali è dovuta a diversi fattori tra cui spicca la consapevolezza da parte del medico che FANS e cortisonici non bloccano la malattia e non hanno effetto “carry over” quindi nella valutazione del rischio-beneficio si cerca di limitare l’uso di farmaci solo ai casi di effettiva necessità e nelle fasi acute.
Razionale dei preparati su base naturale nel trattamento della artrosi:
Agenti condroprotettori:
Gli agenti condroprotettori sono:
- Acido jaluronico,
- Glucosamina solfato,
- Condroitin solfato
Queste sostanze sono capaci di rallentare la progressione della malattia artrosica spostando l’equilibrio verso la formazione di nuova cartilagine.
Le caratteristiche ottimali di questi preparati sono:
- la capacità di stimolazione dei condrociti (le cellule della cartilagine) a produrre collagene e proteoglicani
- La inibizione degli enzimi che degradano la cartilagine (in particolare la ialuronidasi).
L’acido ialuronico ha la funzione di lubrificante nel liquido sinoviale. Il suo assorbimento per via orale è molto scarso per cui viene prevalentemente utilizzato in forma di iniezioni intrarticolari.
La glucosamina svolge un’azione trofica nei confronti delle cartilagini articolare e favorisce la fissazione dello zolfo nella sintesi dell’acido condroitinsolforico.
Il condroitin solfato ha la funzione fondamentale di formare legami con le fibrille di collagene ed inibisce gli enzimi di degradazione.
Diversi preparati farmaceutici e integratori contengono glucosamina e condroitin solfato in associazione. Sono tanti gli studi che dimostrano come l’assunzione di glucosamina e condroitin solfato in associazione riduca i sintomi e diminuisca il consumo di farmaci antidolorifici e antinfiammatori.
L’artiglio del diavolo nella cura della artrosi
Harpagophytum procumbens (artiglio del diavolo)
Famiglia Pedaliaceae, cresce in suoli ricchi di ossido di ferro delle savane africane. Si utilizzano le radici secondarie. I costituenti principali sono iridoidi tra cui il più rappresentato è l’arpagoside, accompagnato dal procumbide e dal procumboside.
Le ricerche cliniche e sperimentali ne confermano l’azione antiflogistica e analgesica. Ad oggi non è possibile stabilire con certezza che l’azione farmacologica sia dovuta al componente più rappresentativo cioè all’arpagoside, per cui estratti che vantano concentrazioni fino al 20-40 % in arpagoside hanno la loro ragion d’essere solo se ottenuti da metodi estrattivi che ne riproducono la standardizzazione in termini di frazione molecolare del fitocomplesso in toto poiché altri componenti avranno di certo un ruolo di attivazione e/o “enhancers” ancora non del tutto chiarito. Ha un sapore molto amaro, può provocare epigastralgie con nausea, particolarmente in soggetti affetti da gastrite acuta e/o ulcera peptica. In alcuni rari casi può provocare dolori addominali con diarrea.
Galenica dell’estratto secco di Harpagophytum procumbens:
Solitamente il quantitativo pro-dose maggiormente utilizzato corrisponde a circa 20 mg/die di arpagosite in due somministrazioni, (in prescrizione medica si arriva anche a 40 mg/die.) Utilizzando ad esempio un estratto al 2,5 % la dose unitaria dovrebbe contenere più o meno 400 mg di estratto secco.

Come già detto; l’arpagofito può dare gastralgia e può esacerbare problematiche di ulcera gastrica e duodenale, se consideriamo anche ciò che emerge da alcuni studi sulla inattivazione di percentuale significativa in ambiente acido ed una maggiore biodisponibilità se in formulazione a rilascio lento, risulta evidente l’esigenza di una formulazione galenica adeguata in forma gastro-protetta e a rilascio lento.
Boswelia nel trattamento della artrosi
Boswellia serrata
Della famiglia delle Burseraceae cresce in Madagascar e India Viene utilizzata la resina che fuoriesce dopo l’incisione della corteccia, tale resina se bruciata da luogo al noto incenso, in estrazione con miscela idroetanolica da l’estratto di boswellia caratterizzato per il contenuto degli acidi boswellici:
Gli acidi boswellici inibiscono in modo significativo la cascata leucotrienica tramite l’inibizione della 5-lipossigneasi limitando la risposta infiammatoria e l’edema tissutale.

Per questo l’estratto di boswellia trova impiego in tutti quei disordini dove la cascata leucotrienica gioca un ruolo fondamentale come le patologie infiammatorie intestinali e asma. Nel 2002 l’agenzia europea del farmaco ha definito per gli acidi boswellici da boswellia serr. lo status di “orphan drug” per il trattamento dell’edema peri-tumorali da
glioma o indotti da radioterapia.
Efficacia della boswelia nella malattia da artrosi
Per quanto riguarda la boswellia nella patologia artrosica, oltre all’azione di inibizione della cascata leucotrienica, l’estratto di boswellia in alcuni studi sembra inibire in vitro le elastasi e le ialuronidasi, enzimi proteolitici notoriamente distruttivi, prodotti dai leucociti richiamati per fenomeni chemiotattici nel luogo dove è presente un fatto flogistico. Per questo motivo l’azione della Boswellia a livello articolare non è solo sintomatica ma anche curativa poiché riduce l’assottigliamento della cartilagine.
Galenica dell’estratto secco di Boswellia serrata

La posologia tra 300 e 400 mg/3 volte al giorno di estratto secco di boswellia al 65% in acidi boswellici è in grado di ridurre significativamente; dolore, edema e functio-lesa della articolazione colpita.
La formulazione più indicata è di tipo fast quindi con dissoluzione immediata.
Anche per la boswellia l’aggiunta di piperina ne può aumentare la biodisponibilità.
Recentemente è stata sviluppata una forma fitosomiale che determina un importante incremento cinetico degli acidi boswellici con conseguente incremento della attività antinfiammatoria. Per questo, anche se normalmente la boswellia è ben tollerata, alti dosaggi della forma fitosomiale dell’ordine di grammi/die specie se in soggetti con rischio coagulativo devono essere oggetto di monitoraggio da parte del medico.
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Dott. Giovanni Ferrigno Farmacista galenista

Bibliografia
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Authors: Riva A, Morazzoni P, Artaria C, Allegrini P, Meins J, Savio D, Appendino G, Schubert-Zsilavecz M, Abdel-Tawab
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Dott. Giovanni Ferrigno
Pubblicato il 10 gennaio 2017 Ultimo aggiornamento: 10 gennaio 2017